Ho recentemente letto un articolo in inglese (perciò mi perdonerete spero se ci saranno errori dovuti a incomprensioni) che parlava dell'uso dei fumetti e dei supereroi nella terapia con i bambini. Questo metodo è stato usato negli USA, dove la Marvel è iper conosciuta e sono ampiamente diffusi i comics (cioè i fumetti di super eroi ecc...), che fanno praticamente parte della cultura americana un pò come i manga fanno parte di quella giapponese.
L'articolo inizia parlandoci di un bambino che nello studio di uno psicologo usa dei giocattoli per rappresentare una situazione. Questa scena è, per chi ha studiato psicologia dello sviluppo, abbastanza normale da leggere. Ma quello che sorprende, o almeno quello a cui è stato dato un significato particolare da quello psicologo è l'uso delle bambole. Infatti il bambino stava usando Batman, Spider-man e Superman per sconfiggere un drago imprevedibile, il quale veniva poi salvato dal cadere da un precipizio da Wonder woman... Sinceramente leggendolo ho trovato la cosa divertente, il fatto che il bambino proiettasse (a detta dell'articolo) l'immagine di sua madre su Wonder woman poi mi appariva abbastanza divertente e positivo.
A quanto dice l'articolo la prima ad usare i personaggi dei fumetti in una terapia è stata una neuropsichiatra infantile di nome Lauretta Bender, la creatrice, tra le altre cose, del Bender Visula Motor Gestalt Test. Questo test, conosciuto anche solo come Bender-Gestalt Test, si occupa per l'appunto di valutare l'abilità visuo-motoria nei bambini, eventuali regressioni, disordini dello sviluppo o danni celebrali collegati a queste. Di fatto il test è stato usato in un'ampia quantità di ambiti che vanno dallo stabilire il QI non verbale all'uso come strumento proiettivo per valutare la personalità (per approfondire andate su Opsonline). Non sto a scendere troppo nello specifico, non mi sembra il caso visto quale volevo fosse il tema dell'articolo, ma aggiungo solo che di questo test esiste un adattamento italiano a cura di Giusti OS.
Comunque continuando a leggere l'articolo di cui ho accennato all'inizio ho scoperto che esiste una piccola cerchia di terapeuti negli USA che usa non solo i personaggi, ma proprio i fumetti nella terapia.
L'idea di fare questa cosa è venuta a quanto pare al dottor Patrick O'Connor che, mentre lavorava con alcuni bambini in affido, ebbe l'idea di inserire elementi della così detta cultura "Geek" in alcune sue sessioni. L'uomo infatti notò come la storia di Batman e Robin si prestasse bene alla situazione in cui i bambini si trovavano. Infatti in una delle tante storie di quel fumetto, il trapezista Dick Greyson (che poi diventerà Robin) dopo aver perso tutta la sua famiglia per colpa del cattivo di turno, viene adottato da Bruce Wayne. In particolare O'Connor nota come inizialmente Dick fosse molto avverso al supereroe, tendendo a contrastarlo e a non ascoltare in quanto lui non era il suo vero padre, e come poi questo finisca comunque per diventare una guida per lui.
O'Connor si è quindi chiesto se non ci fossero altri fumetti con storie simili, e avendo comunque bisogno delle storie complete dei fumetti da poter usare nelle proprie terapie hai iniziato a fare ricerche. Come, vi chiederete? Forse è meglio chiedere dove e la risposta è ovviamente "in fumetteria"! O'Connor ha iniziato a leggere un gran numero di fumetti, creandosi in questo modo una vera e propria "cultura fumettistica"... mi chiedo se magari abbia letto anche qualche manga, giusto per il piacere di farlo (anche se probabilmente quelli non gli sarebbero stati utili).
Comunque sia, alla fine, questo dottore ha riversato tutta la sua conoscenza Comics-"esca" in un sito, comicspedia.net, dalla grafica molto essenziale e funzionale, dove oltre il riassunto di una quantità infinita di fumetti come "Batman", "X-man", "Spider-man", "The Avengers", "Daredevil", "Lanterna verde", "I fantastici quattro" e chi più ne ha più ne metta, ha anche messo alcune idee su come usare questi fumetti. Ogni fumetto fa infatti riferimento a temi psicologici specifici che possono essere usati come metodo di identificazione.
In effetti se pensiamo un attimo alle storie dei fumetti, molte se non tutte fanno riferimenti a temi come la perdita delle persone amate, l'affrontare le proprie paure o l'essere diversi dagli altri e il sentirsi quindi inadeguati (due temi che in adolescenza fanno un po' per tutti da padroni).
Tra le idee proposte ci sono il far leggere durante la seduta un albo a fumetti con tematiche collegate alla storia del paziente o il creare insieme al paziente nuovi supereroi e super-cattivi, di cui il paziente stesso dovrà descrivere la storia, il carattere, i personaggi a lui associati ecc... e dovrà descrivere anche il modo in cui questo personaggi interagirebbe con lui. Mentre la prima idea che ho scritto dovrebbe servire a mantenere un alto rapporto con il paziente (di nuovo vi conviene sbirciare l'articolo in inglese, magari con l'originale vi suonerà più chiaro), l'altra dovrebbe favorire una discussione durante il processo creativo.
O'Connor afferma che l'uso di questo metodo ha aiutato a far emergere diverse problematiche profonde nei suoi pazienti, non solo nei bambini, che ne hanno tratto giovamento.
L'articolo continua parlando di altri terapeuti (Lawrence Rubin, Bender,Stive Kuniak ecc..) che usano questo metodo e del fatto che non sono presenti molte ricerche che lo riguardano.
Un'altra nota interessante, sempre presente nell'articolo, riguarda Bander che in un processo si trovò a dover difendere la valenza positiva dei fumetti, che erano invece accusati di istigare i bambini alla violenza.
Interessante notare anche che la DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency, cioè l'agenzia per i progetti di ricerca avanza della difesa) ha in piedi un progetto di riabilitazione per militari con stress post-traumatico che prevede l'utilizzo di fumetti nella terapia (anche se a onor del vero riguarda la creazione di fumetti, non l'uso di quelli esistenti).
Un'altra nota interessante, sempre presente nell'articolo, riguarda Bander che in un processo si trovò a dover difendere la valenza positiva dei fumetti, che erano invece accusati di istigare i bambini alla violenza.
Interessante notare anche che la DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency, cioè l'agenzia per i progetti di ricerca avanza della difesa) ha in piedi un progetto di riabilitazione per militari con stress post-traumatico che prevede l'utilizzo di fumetti nella terapia (anche se a onor del vero riguarda la creazione di fumetti, non l'uso di quelli esistenti).
Il famigerato articolo, ovviamente in ingelse, lo trovate su The Daily Beast.
In Italia questo metodo non è molto conosciuto, ma qualcosa qua e là sull'argomento si trova. Premetto che io faccio ricerche sull'argomento da un'ora al massimo, quindi è assolutamente possibile che facendone di più approfondite venga fuori che come metodo è usatissimo. Ne dubito fortemente ma tutto è possibile!
Tornando al punto: nella letteratura in italiano qualcosa è presente. I libri che ho trovato girando su internet sono "Manuale di psicologia del fumetto. Eroi di carta e lettori appassionati" di Marco Minelli e "Conoscere l' adolescenza - Il fumetto come strumento per la diagnosi e la terapia" di Guido Crocetti. Entrambi i libri hanno prezzi accessibili.
Qua e là su internet invece si trovano vari articoli, non troppo ricchi, che facevano riferimenti a questo metodo che non coinvolge soltanto i comics, ma anche i manga (ossia i fumetti giapponesei! I miei amati!).
Se infatti fumetti come Topolino, Paperino o i Puffi nei più piccoli insegnino la cooperazione e l'importanza delle interazioni; manga come Dragonboll e Ranma 1/2 dovrebbero far emergere la competitività e aiutare nell'accettazione del diverso (ricordo che a causa di una serie di circostanze, il protagonista di Ranama 1/2 quando si bagnava con l'acqua fredda diventava una donna e suo padre un panda). Dylan Dog dovrebbe invece servire ad esorcizzare la paura delle persone, del diverso, del sangue e del buio. Sono incerta se anche in questo caso, come in molti, il buio sia un simbolo della morte...
E i Peanuts? Beh, loro, che si limitano a sembrare un fumetto per bambini, ma in realtà non lo sono, negli adulti impersonano quei desideri e bisogni infantili, nonchè le nevrosi, presenti nella persona e in questo modo aiutano ad avere una maggiore consapevolezza di sè.
A questo elenco io mi permetterei di suggerire a chi si occupa di queste terapie (ma che probabilmente non leggerà mai questo articolo, tanto per cambiare) di dare uno sguardo al manga Life di Keiko Suenobu, che affronta i difficili temi dell'autolesionismo e del bullismo.
Concludo l'articolo con una notizia che ho trovato riportata un po' dappertutto: a Cesena dal 2006 l'associazione Barbablù organizza laboratori di fumetti con bambini che presentano difficoltà cognitive, lievi forme di autismo, dislessia o disgrafia. Gli psicologi hanno verificato come grazie allo studio dei personaggi di fumetti e manga sia più facile per alcuni bambini con questi problemi concentrarsi e acquisire concetti.
Per consultare gli articoli originali in italiano riferiti a quanto riportato:
La Repubblica
Nuove arti terapie
Psicoterapia Firenze
Blog di benessere.guidone
Qua e là su internet invece si trovano vari articoli, non troppo ricchi, che facevano riferimenti a questo metodo che non coinvolge soltanto i comics, ma anche i manga (ossia i fumetti giapponesei! I miei amati!).
Se infatti fumetti come Topolino, Paperino o i Puffi nei più piccoli insegnino la cooperazione e l'importanza delle interazioni; manga come Dragonboll e Ranma 1/2 dovrebbero far emergere la competitività e aiutare nell'accettazione del diverso (ricordo che a causa di una serie di circostanze, il protagonista di Ranama 1/2 quando si bagnava con l'acqua fredda diventava una donna e suo padre un panda). Dylan Dog dovrebbe invece servire ad esorcizzare la paura delle persone, del diverso, del sangue e del buio. Sono incerta se anche in questo caso, come in molti, il buio sia un simbolo della morte...
E i Peanuts? Beh, loro, che si limitano a sembrare un fumetto per bambini, ma in realtà non lo sono, negli adulti impersonano quei desideri e bisogni infantili, nonchè le nevrosi, presenti nella persona e in questo modo aiutano ad avere una maggiore consapevolezza di sè.
A questo elenco io mi permetterei di suggerire a chi si occupa di queste terapie (ma che probabilmente non leggerà mai questo articolo, tanto per cambiare) di dare uno sguardo al manga Life di Keiko Suenobu, che affronta i difficili temi dell'autolesionismo e del bullismo.
Concludo l'articolo con una notizia che ho trovato riportata un po' dappertutto: a Cesena dal 2006 l'associazione Barbablù organizza laboratori di fumetti con bambini che presentano difficoltà cognitive, lievi forme di autismo, dislessia o disgrafia. Gli psicologi hanno verificato come grazie allo studio dei personaggi di fumetti e manga sia più facile per alcuni bambini con questi problemi concentrarsi e acquisire concetti.
Per consultare gli articoli originali in italiano riferiti a quanto riportato:
La Repubblica
Nuove arti terapie
Psicoterapia Firenze
Blog di benessere.guidone
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