venerdì 11 ottobre 2013

Tutto quello che volevate sapere sugli amici immaginari ma non avevate mai osato chiedere

Ho scritto una tesi (la mia tesi di laurea) sui compagni immaginari, e volevo giusto giusto farci un articoluccio. Non sulla tesi, ovviamente, ma sull'argomento.
Prima di tutto cosa sono i compagni immaginari? Beh, essenzialmente io li identifico come un qualunque amico nato dalla fantasia del bambino, sia esso un oggetto come un peluche, che una creatura del tutto inventata che non ha base oggettiva. Ovviamente deve avere un nome, il bambino deve esservi affezionato, e infine il suo piccolo creatore deve essere consapevole che questo suo amico, visibile o meno, è solo una sua fantasia. Se questi criteri sono soddisfatti allora si parla di compagni immaginari.
Ovviamente di definizioni per compagni immaginari ce ne sono tante quante le stelle, essenzialmente si raggruppano in quelle che come me includono gli oggetti personificati nella definizione e in quelle invece che per compagni immaginari intendono unicamente degli amici invisibili, totalmente astratti.

Calvin and Hobbes by Whatherson

Stranamente, ma forse non troppo, le persone tendono ad essere più allarmate quando un bambino parla con un amico invisibile, che con un peluche dotato di nome proprio e personalità, ma il fenomeno è, secondo alcuni autori, sostanzialmente lo stesso.
Nel suo libro "Imaginary companions and the children who create them." Marjorie Taylor fa notare che questo peluche/bambola/cuscino/tenda/disegno è solo una base su cui il bambino proietta il proprio compagno immaginario, che può poi avere un aspetto totalmente diverso da quello dell'oggetto stesso.
L'avere un compagno immaginario è del tutto normale per i bambini, si è visto infatti che la presenza di questi amici inventati varia dal 30% al 70% nella popolazione a seconda del campione e della definizione (Taylor, 1999). Non c'è quindi assolutamente da allarmarsi se un bambino ne ha uno (o molti), anzi la presenza di questo amico dimostra che il bambino con cui abbiamo a che fare è molto creativo, nonché intelligente: ha trovato una soluzione alternativa e potenzialmente geniale a qualunque fosse il suo problema, che si trattasse di noia, difficoltà ad accettare un cambiamento, paura di animali, esprimere la propria rabbia o il bisogno di interagire con qualcuno della sua età. Il bambino ha letteralmente inventato le risorse per fronteggiare la situazione: si è creato un amico con cui giocare, contro cui urlare, che lo supporta nelle difficoltà, lo ascolta, lo accetta e gli permette di dominare la situazione. (Fraiber, 1979; Pines, 1979; Gallino, 1992; Taylor 1999)
Per quanto riguarda la paura che i bambini che hanno un suddetto amico siano timidi, introversi o chiusi, con problemi a socializzare, permettetemi una rassicurazione: questa paura è infondata. Al contrario sembra che questi bambini siano non solo molto socievoli, ma tendono anche a essere identificati dai loro compagni come leader (Gallino, 1992). Sembrano in oltre essere più creativi dei loro coetanei, possiedono una miglior capacità di concentrazione, sono più pazienti e hanno maggior capacità di mantenere l'attenzione (Taylor,199)
Insomma, avere un compagno immaginario per il bambino è assolutamente positivo. Io personalmente non ne ho mai avuto uno, ma ne sono totalmente affascinata. 


mini bibliografia
Fraiberg, S. (1959). The Magic Years. New York: Scribner. (Trad. it. Gli anni magici Armando Editore, Roma, 2010)
Giani Gallino, T. (1992). Il compagno immaginario nel processo di socializzazione.  in D'Alessio, M. (a cura di).  Psicologia dell'età scolare. Roma: La Nuova Italia
Pines, M. (1979). I compagni invisibili, Psicologia contemporanea, 34, 8 – 13
Taylor, M. (1999). Imaginary companions and the children who create them. Oxford: Oxford University Press

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